Scienza e Inclusione

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KEY 1.0 vuole promuovere l'inclusione attraverso la scienza, coniugando due vertenti che solitamente rimangono separate. L'idea del progetto nacque intorno a questa insolita unione, che molto di più che un elemento caratteristico del percorso di vita del coordinatore di KEY: è una sua ossessione. In questo articolo, Giancarlo Pace descriverà le ragioni di quest sua ossessione.

La separazione completa tra intelletto e affetto, pensiero e emozione, ragione e valori, ragionamento lucide e sentimento ... è una semplificazione del linguaggio. È una semplificazione utile e inevitabile, poter intendere pensiero e emozione come due categorie distinte è necessario alla comunicazione. Tuttavia, è bene ricordare che sono due estremi dello stesso spettro, che non c'è una frontiera che li divide, ma piuttosto una zona grigia, e molte delle nostre attività significative avvengono in questa zona grigia. Per esempio, mentre scrivo, sto esercitando la mia intelligenza nel tentativo di elaborare un discorso chiaro che spieghi concetti che mi risvegliano emozioni. È impossibile dire quale parte di me sta pensando, e quale sta sentendo. Inoltre, il pensiero puro non esiste, perché sarebbe assolutamente inutile pensare se non sentissimo emozioni legate all'oggetto del nostro pensiero. Quando parliamo di una persona razionale nel senso peggiorativo del termine, non parliamo di una persona priva di emozioni, ma di una persona che attiva l'emozione dell'avidità, per esempio, quando preferiremmo che attivasse il sentimento meno meschino dell'amicizia. L'unica conclusione possibile di una vita perfettamente razionale e senza emozioni, è il suicidio, perché senza emozioni positive, senza cioè sentire nessun piacere di nessun tipo, non esiste niente per cui valga la pena spendere le risorse necessarie a mantenere il nostro corpo in vita.

Il ruolo della razionalità, pensare bene, è far succedere quello che sentiamo che dovrebbe succedere. Anche questa frase risente della limitazione del linguaggio che separa il sentire e il pensare, ma è un progresso significativo in confronto al dualismo ingenuo. Immaginiamo di avere un'amica con un problema la cui risoluzione esiga tutta la nostra razionalità, e supponiamo di avere la certezza che la soluzione al problema beneficerebbe la nostra amica senza creare nessun altro tipo di inconveniente a nessuno. Il nostro affetto per lei ci fa sentire la necessità di aiutarla. La volontà di aiutare la nostra amica, e la determinazione ad utilizzare al meglio la nostra razionalità per raggiungere la soluzione del suo problema, sono due concetti assolutamente equivalenti. La volontà di pensare razionalmente, in questo caso, è la misura della sincerità del nostro affetto. Ovviamente potremmo avere le migliori intenzioni di pensare razionalmente per trovare una soluzione, ma essere incapaci di farlo. In questo caso, il nostro affetto non sarebbe meno sincero. Ne deriva l'importanza di saper pensare bene, che è una capacità che si sviluppa solo in determinate circostanze, e che ci offre la possibilità di vivere secondo i nostri valori.

Affinché queste parole non sembrino un inutile e vuoto esercizio retorico, pensiamo all'importanza di discernere bene tra informazione valida e menzogne e manipolazione, di fronte a temi come la salute, la società, il riscaldamento globale. Pensiamo all'enormità dei rischi che una cattiva riflessione può comportare in caso di malattia grave, se per esempio crediamo in cure non efficaci. L'insegnamento della scienza, e, mi spingo a dire, della filosofia, dovrebbe ridurre questo rischio. Ovviamente non si tratta di estirpare l'irrazionalità dall'umanità. Si tratta di fomentare, a partire dalla scuola, gli strumenti concettuali che permettono di valutare nuova informazione con un'appropriata combinazione di apertura e scetticismo. Una società che tiene in considerazione l'igiene è meno soggetta a epidemie, nonostante batteri e virus continuino a esistere. Analogamente, in una società che incoraggi l'atteggiamento descritto precedentemente, ci sarà più dialogo costruttivo e una più facile accettazione delle buone idee, convenzionali o inusuali che siano,  anche se un certo grado di chiusura e preconcetto continuino ad esistere. Pensiamo che la pedagogia basata nella discussione tra alunni fomenta sia lo spirito critico che l'inclusione, l'apertura e la collaborazione, per le ragione che spero riuscire e chiarire nell'ultima parte di questo articolo. Abbiamo argomenti plausibili che appoggiano questa tesi, non prove schiaccianti, e sicuramente esistono molte persone ragionevoli che sostengono con buoni argomenti tesi contrarie alle nostre. Prima di cominciare a perorare la causa della pedagogia basata sulla discussione come propiziatrice di inclusione, discutiamo la sua efficacia nell'insegnamento della scienza, che è un argomento molto meno controverso e decisamente più lineare.

Esistono prove scientifiche molto convincenti che la discussione tra alunni e decisamente più efficace di qualsiasi lezione tradizionale (trovate  qui  gli articoli pertinenti) e ci sono varie spiegazioni plausibili per questo risultato. La prima è che, come Eric Mazur ci ricorda in  questa intervista , la discussione tra alunni e alunne su un determinato argomento scientifico, è un processo estremamente più motivante dell'ascolto passivo, molto più efficace nel risvegliare la curiosità autentica e un genuino interesse nel materiale proposto. Ovviamente l'apprendimento attraverso la discussione non elimina la necessità di sviluppare qualità come la pazienza e l'attenzione di chi sa ascoltare, al contrario, fornisce buone ragioni per praticare queste importanti virtù.

La seconda ragione è che un compagno di classe è un ottimo professore. Nell'intervista citata prima, Eric Mazur ci ricorda che un'alunna che ha appena capito un concetto, molto probabilmente saprà insegnarlo a un suo compagno di classe meglio di qualsiasi professore, perché un professore lo apprese molto tempo fa e ha già dimenticato quanto fu difficile. Inoltre, un professore, quando era alunno molto probabilmente apparteneva a quella piccola minoranza, di solito il 10 %, che ha una relativa facilità di comprensione della fisica. Non è una capacità cognitiva che caratterizza questo gruppo (sebbene questa possa aiutare più tardi, per i pochi che intraprenderanno la carriera di fisico teorico), ma le corrette credenze epistemologiche di cui parliamo in  questo articolo  e che Hammer analizza nel suo lavoro del 1994, che fa parte della lista consigliata da noi in  quest'altra pagina.

Sono le abitudini mentali che fanno la differenza. E ci sono condizioni che favoriscono le buone abitudini mentali. La discussione tra alunni fa parte di queste condizioni, perché porta alunne e alunni a difendere le loro affermazioni e a valutare serenamente argomenti e contro-argomenti. Questo è il terzo punto di interesse pedagogico della discussione. L'ultimo motivo che menzioniamo qui, è che una lezione basata sulla discussione È interattiva, la professoressa sa sempre se gli alunni hanno capito o no. In un contesto tradizionale è molto più difficile per una professoressa avere questa coscienza.

Ad ogni modo, qualsiasi siano le ragioni, il fatto che la discussione è uno strumento pedagogico estremamente efficace, è provato dalla forza dei numeri e della statistica, come potere vedere  qui .

Non tutte le discussioni sono utili, per questo il ruolo della professoressa è più importante nel contesto di una lezione basato sulla discussione tra alunni. La professoressa deve individuare e correggere i problemi nella discussione, intervenendo nella forma meno invadente possibile, cioè lasciando, nei limiti del possibile, che la risposta sorga autonomamente dagli alunni.

Se gli studenti avvertono che il loro obiettivo è mostrare quello che hanno imparato a una figura di autorità, sarà più difficile che si interessino al significato dei concetti, piuttosto temeranno le vergognose conseguenze di una cattiva prestazione e cercheranno scorciatoie per evitarla: il numero giusto da sostituire nella giusta formula, l'algoritmo che bisogna applicare, la frase che bisogna dire ... senza preoccuparsi molto del significato di queste cose. La discussione tra colleghi riduce i rischi che tutto questo avvenga, perché crea un clima collaborativo nel quale si costruisce collettivamente il significato dell'argomento che si sta studiando, libera gli alunni dalla paura di sbagliare, aiutandoli ad accettare l'errore come parte naturale di questo processo di costruzione. A volte l'interlocoture propone un'interpretazione diversa, che può complementare e approfondire l'altra. Altre volte c'è una netta disparità tra i livelli di comprensione di due alunni. In questo caso, per chi ha capito meglio, dover argomentare e persuadere l'altro è un'importantissima opportunità di approfondire la comprensione. Ci troviamo di nuovo in una situazione vantaggiosa per tutti, nella quale l'autonomia di ogni studente è valorizzata e utilizzata collettivamente. Questo processo è democratico e orizzontale nella sua essenza, ed è stato utilizzato per affrontare le questioni di genere tra gli studenti di ingegneria (vedi   Felder et al 1995 ). KEY 1.0 vuole utilizzarlo per fomentare un clima accogliente per immigranti e rifugiati.

È inutile insegnare un qualsiasi contenuto scientifico senza insegnare ad analizzarlo criticamente e a interpretarlo autonomamente. Analogamente, è riduttivo aiutare a sviluppare capacità utili per utilizzarle in una corsa al voto più alto. Un ambiente scolare nel quale le competenze accademiche e quelle sociali si rinforzano tra loro, ha un enorme potenziale di trasformazione. Una scuola di questo genere è alla nostra portata. KEY 1.0 vuole essere un passo per ottenerla.

Giancarlo Pace
Coordinatore del gruppo - Key 1.0.

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